Carolina Corsi

Psicologa Clinica

Pubblicazioni

L'ANSIA CHE CI PARLA

Ansia, una manifestazione fondamentale dell'essere nel mondo (Martin Heidegger)

L'ansia, nelle sue molteplici sfumature che vanno dalla semplice apprensione, alla paura e al panico, è uno stato affettivo decisamente comune e radicato nella mente umana. […] Essa svolge un ruolo preciso nel funzionamento generale dell'individuo e, come tale, è una modalità esistenziale. (Treccani, 2007)

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L’ansia, se non patologica, è una reazione universale che ci permette di affrontare diverse situazioni con la giusta dose di concentrazione e attenzione. L’individuo che prova ansia mette in atto delle strategie per ridurre o eliminare una minaccia, così da poter tornare ad una situazione di normalità.

Ma quando è che l’ansia comincia a diventare patologica?

Quando determina un’attivazione eccessiva e incongrua rispetto allo stimolo reale e di conseguenza risulta ingestibile per la persona che la vive. Le caratteristiche dell’ansia sono connesse ad una componente psichica molto intensa e pervasiva che può essere accompagnata dalla comparsa di sintomi fisici. La componente psichica si esprime con apprensione, nervosismo, alterazione della memoria e della concentrazione, preoccupazione, insicurezza e timore.

La componente fisica invece si manifesta con palpitazioni, tachicardia, ipersudorazione, senso di soffocamento, vertigini, sintomi gastroenterici e insonnia.

Spesso sono proprio questi sintomi fisici che portano la nostra attenzione sull’ansia. Eppure a volte anche se ci rende la vita più difficile siamo spinti a soffocarla. L’utilizzo dei farmaci (BDZ) aiuta le persone a silenziare i sintomi nel breve termine, tuttavia non è il trattamento risolutivo.

Se l’ansia si manifesta c’è sempre un motivo.

L’ansia, come la punta di un iceberg, può essere collegata a una paura cosciente e accettabile che maschera una preoccupazione più profonda. (Gabbard, 2007).

La prime domande che dobbiamo fare a noi stessi sono: Cosa ci vorrà dire questa ansia? Siamo in grado di ascoltarla? Sappiamo darle il giusto significato?

Un percorso terapeutico ci aiuta a conoscere da dove viene, cosa vuole dirci e come gestire l’ansia.


SITOGRAFIA:http://psiche.org/articoli/ansia-e-sicoterapiapsicodinamica/2/

Gabbard G.O.(2015), Psichiatria psicodinamica. Raffaello Cortina Editore

https://www.epicentro.iss.it/mentale/esemed-pres

COVID19: ANCHE LA MENTE SI AMMALA


L’impossibilità di pianificare il futuro, il distanziamento sociale, la solitudine e la paura del contagio sono alcune cause delle condizioni indotte dalla pandemia che hanno causato numerosi effetti psicologici. Oltre ai sintomi fisici con cui il virus si manifesta in forma esplicita, ce ne sono altri che rimangono impliciti e meno visibili ma non per questo inesistenti. I primi mettono alla prova il nostro corpo, i secondi la nostra mente.

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Sin dai tempi di Cartesio siamo a conoscenza del dualismo mente-corpo, tra loro vi è un rapporto interdipendente che determina il benessere globale di una persona.

L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) definisce la salute come «uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia».

Nonostante ciò ad oggi è ancora difficile affrontare le nostre paure mentali.

Lo stress, l'ansia e la depressione dovute al periodo di vita che stiamo affrontando lasciano profonde cicatrici e l’isolamento sociale rende sempre più difficile trovare il coraggio di chiedere aiuto e di ritagliare del tempo per la cura di noi stessi.

Uno studio svolto dal Dipartimento di Salute Mentale dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità ha evidenziato le ripercussioni dal punto di vista psicologico in termini di sintomi ansiosi e depressivi.

I risultati, ottenuti su un campione di 20.720 partecipanti, evidenziano che durante il lockdown sono aumentati i livelli di ansia, depressione e sintomi legati allo stress.

Secondo i ricercatori "gli ultimi mesi hanno comportato molte sfide, in particolare per gli operatori sanitari, gli studenti, i familiari dei pazienti affetti da COVID-19, le persone affette da disturbi mentali e più in generale le persone che versano in condizioni socio-economiche svantaggiate, e i lavoratori i cuimezzi di sussistenza sono stati minacciati."(ISS, 2020).

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) l’emergenza sanitaria conseguente alla diffusione del Covid19 riguarda in buona parte il benessere psicologico delle persone.

È importante chiedere aiuto senza timore o vergogna, il nostro corpo è la nostra casa e non abbiamo obiettivo più nobile come quello di mantenerlo sano e in benessere.


SITOGRAFIA: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-salute-mentale

https://www.epicentro.iss.it/mentale/documentazione-mondo

EUSTRESS E DISTRESS

« Lo stress è la risposta del corpo ad ogni richiesta operata su di esso» Seyle

La parola stress ormai fa parte del nostro linguaggio quotidiano, spesso la si utilizza per descrivere qualcosa di negativo, da cui bisogna liberarsi.

Eppure grazie allo stress riusciamo a trovare quella spinta per raggiungere gli obiettivi che ci siamo posti, quella motivazione che ci attiva e quell’energia per affrontare al meglio una situazione a cui teniamo molto.


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La parola stress è stata presa in prestito dal mondo della fisica, il suo significato originale indica la reazione di opposizione dei materiali al carico eccessivo. Nel linguaggio comune viene utilizzata per descrivere quella condizione di carico in cui possono trovarsi sottoposte le persone a mano a mano che affrontano le sfide della vita.

Ma allora fino a che punto lo stress può essere una risorsa e quando diventa un limite?

A differenza della fisica non è possibile assegnare un indicatore alle varie tipologie degli eventi nella vita di una persona, né tanto meno calcolarne il valore numerico del carico stressante.

Persone diverse possono reagire in maniera diversa allo stesso evento stressante.

L’impatto degli eventi non è determinato solo dalla natura dell’evento in sé, ma dal modo in cui la persona lo percepisce e da quanto essa avverte di avere a disposizione risorse (interne o esterne) sufficienti per fronteggiarlo.

Anche la variabile temporale contribuisce ad esporre maggiormente la persona ad una vulnerabilità psicofisica, gli eventi stressanti che si protraggono per un lungo periodo di tempo possono facilitare direttamente la comparsa di patologie organiche (indebolimento delle difese immunitarie, sintomi gastrointestinali e malattie cardiovascolari) e psicologiche (ansia e depressione).

In maniera indiretta invece possono portare la persona a sviluppare strategie disfunzionali per gestire lo stress, peggiorando così il quadro della salute.

Quando è che lo stress ci fa male?


Bisogna fare una differenza tra l’eustress e il distress:

  • Il primo (dal greco eu: buono) si riferisce allo stress buono, che offre energia e vitalità all’organismo. La persona di fronte ad uno stimolo stressante dà una risposta cognitiva positiva, allenando così la propria capacità di adattamento psicofisica individuale.

  • Il secondo (dal greco dys: in peggio) si riferisce allo stress negativo, che può generare ansia, tensione muscolare, tachicardia, insonnia e un abbassamento delle difese immunitarie.

La persona percepisce un disequilibrio fra le richieste che derivano dall’ambiente e le risorse che si ritiene di avere a disposizione per rispondervi.

Le persone sperimentano vissuti di impotenza e disperazione, logorando così la propria salute psicofisica.


Ma quali sono gli eventi stressanti?


Ognuno di noi vive condizioni stressanti nell’arco della propria vita.

La nascita di un figlio, il matrimonio, le difficoltà nella relazione coniugale, le separazioni, i divorzi, le malattie, i lutti, la disoccupazione, il nuovo lavoro, gli esami sono alcuni esempi di molteplici situazioni che mettono a dura prova il nostro organismo e il nostro benessere psicologico.

Come gestire lo stress?


Imparare a riconoscere lo stress è importante, così come apprendere diverse strategie che ci permettono di fare un passo indietro e di non essere travolti da ciò che accade.

Prendersi più tempo per sé stessi e per i propri interessi, condividere con le persone a noi vicine le nostre preoccupazioni, assicurarsi uno stile di vita sano e non trascurare il sonno sono buone abitudini che ci aiutano a tenere sotto controllo e a prevenire lo stress.


SITOGRAFIA: Selye, H. (1976). Stress in health and disease.Butterworth’s, reading, Massachusetts.

American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statisticalmanual of mental disorders (5th ed.).

AUTOSTIMA: IMPARA A PIACERE A TE STESSO


“Impara a piacere a te stesso. Quello che pensi tu di te stesso è molto più importante diquello che gli altri pensano di te”

Lucio Anneo Seneca

Eppure imparare a piacersi è un compito davvero difficile, che ci mette costantementea dura prova. Ma facciamo un passo indietro.


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Che cos’è l’autostima?

L’autostima è la valutazione che diamo a noi stessi, una percezione prettamente soggettiva che può variare tra due estremi: quello negativo e quello positivo.

Chi ha bassa autostima si sente spesso insicuro, inadeguato o incapace. Di fronte alle decisioni importanti vive un senso di inappropriatezza e di incertezza molto forti, accompagnati dalla continua sensazione di fare scelte sbagliate.

Chi ha alta autostima invece tende ad essere più sicuro rispetto alle proprie scelte, si sente adeguato e capace di affrontare ogni tipo di difficoltà.

Se da un lato chi ha una bassa autostima non si sente mai sicuro di quello che fa, dall’altro, chi ha troppa autostima è incapace di trarre insegnamento dagli errori commessi in passato. Una sana autostima quindi si trova nel mezzo di questi due estremi, una persona con autostima sana sa come valorizzare le proprie capacità e come tenere sotto controllo i propri difetti ed imperfezioni.

L’autostima è un fattore dinamico, che evolve nel tempo e subisce numerose variazioni nell’arco della vita ed è proprio perché è in continuo movimento che non bisogna mai darla per scontata.

Dovrà essere costantemente coltivata, curata e alimentata.


Ma come si forma l’autostima?


Vi sono tre componenti che costruiscono il processo di formazione dell’autostima; il sé reale, il sé percepito e il sé ideale.

Con sé reale si intende la valutazione oggettiva delle nostre competenze, il sé percepito riguarda ciò che noi pensiamo di essere realmente ed infine il sé ideale è quello che vorremo essere.

I problemi legati all’autostima nascono dalla discrepanza tra il sé ideale e quello percepito, maggiore sarà la discrepanza minore sarà la stima che avremo di noi stessi. In altre parole l’autostima sarebbe il risultato del confronto tra successi raggiunti e le aspettative, più questo confronto è in armonia migliore sarà la valutazione che diamo a noi stessi.

Anche l’ambiente contribuisce a migliorare o peggiorare questo equilibrio, l’idea del sé è influenzata dall’opinione degli altri e dell’ambiente sociale che lo circonda.

Le persone sviluppano un’idea del sé in funzione di uno specchio sociale offerto dagli altri, all’interno del quale noi tendiamo a vederci come gli altri ci vedono.

Al contrario anche gli altri sono influenzati dal nostro giudizio su noi stessi e tendono a vederci come noi ci vediamo.

É importante quindi trasmettere agli altri, in maniera adueguata, la sicurezza che abbiamo in noi stessi.


Quali sono le strategie per migliorare l’autostima?


Per iniziare un percorso di miglioramento della propria autostima bisogna prima di tutto lavorare sulle proprie percezioni, bisogna essere obiettivi.

In questo primo passaggio il sè percepito dovrà divenire nel tempo il più possibile realistico e obiettivo, in linea con il sè reale.

In un secondo passaggio bisognerà avere delle ambizioni e prefissarsi dei

traguardi non troppo lontani dalla realtà e non troppo difficili da raggiungere. In questo caso il sè ideale sarà misurato in funzione delle proprie capacità reali.

É importante ricordare che le ambizioni devono essere un nostro prodotto e non qualcosa scelto da altri.

Le nuove esperienze vissute vengono registrate in memoria come successi o fallimenti, valutando la nostra performance sulla base di uno standard interiore. Se il nostro standard interiore è troppo severo corriamo il rischio di sentirci sempre insoddisfatti e frustrati. Il modo in cui fissiamo uno standard interiore influenza direttamente il nostro livello di autostima. L’autostima crescerà con l’aumentare degli obiettivi raggiunti e sarà sempre più facile proseguire nel percorso di costruzione di una sana autostima.

SITOGRAFIA:http://www.funzioniobiettivo.it/glossadid/IL%20CONCETTO%20DI%20AUTOSTIMA.htm

https://www.stateofmind.it/2015/06/autostima-stile attributivo/#:~:text=Per%20ridurre%20questa%20discrepanza%20l,reale%20e%20il%20s%C3%A9%20ideale.

CAMBIARE NAZIONE: LA SFIDA DEGLI EXPAT


“Nulla è tanto dolce quanto la propria patria e famiglia, per quanto uno abbia in terre strane e lontane la magione più opulenta”

(Omero, Odissea).

Eppure ai giorni d’oggi molti italiani decidono di vivere il proprio futuro all’estero, concedendosi una grande opportunità di cambiamento. Forse proprio perché quella dolcezza della terra natale che descrive Omero non è l’unica cosa che conta e si decide di abbandonarla per migliorare la qualità della propria vita, scendendo a compromessi con altre condizioni.


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L’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha dichiarato che l’Italia è l’ottavo paese di emigranti al mondo, con una media di 170.000 all’anno.

Che sia per lavoro o per studio, per un periodo prolungato o temporaneo, vivere all’estero ci aiuta a conoscere nuove culture ma anche a conoscere maggiormente noi stessi, grazie alla possibilità di essere soli in un nuovo contesto, senza sentirsi vincolati dalle aspettative delle persone che già conosciamo e dall’ambiente in cui si è cresciuti. L’adrenalina, la gioia e una buona dose di coraggio sono alcuni di quegli elementi che vengono messi in valigia prima di partire alla scoperta di nuovi orizzonti.

Trasferirsi all’estero è una grande sfida e come ogni sfida della vita porta con sé emozioni diverse che possono avere un impatto sul benessere psicologico.

Chi si trasferisce deve fare i conti con una separazione oggettiva con il paese di origine e con tutto quello che ne consegue. Essere distanti dalla famiglia, dai luoghi in cui si è cresciuti, dalle amicizie e dalle abitudini è spesso motivo di nostalgia.

In tal caso si parla di lutto migratorio, un lutto ricorrente che si rinnova ad ogni partenza dal proprio paese di origine, che come ogni altro tipo di lutto ha bisogno di tempo per essere elaborato in maniera efficace. Oltre alla sfida di imparare una nuova lingua, che ci permette poi di entrare in relazione con gli altri, bisogna costruirsi una nuova identità culturale, composta dalla combinazione della cultura di origine e di quella appena conosciuta.

Come ogni situazione nuova il trasferimento può essere più o meno provante, dipende dalle risorse personali che si hanno a disposizione e dal sostegno che si può ricevere in quel determinato momento.

Quando il lutto migratorio non viene elaborato adeguatamente la persona si sente in un’impasse rispetto alla fase del ciclo di vita. In questa fase di crisi permanente si può andare incontro alla Sindrome di Ulisse, uno stato emotivo caratterizzato da pianto, insonnia, tensione, irritabilità, pensieri negativi ricorrenti e apatia.

Il nuovo paese viene considerato come unica causa della sofferenza e le persone non cercano di capire che ruolo hanno, considerandosi spettatori passivi della propria vita. Nonostante sia più che frequente questa condizione e che ormai più di un terzo dell’umanità può definirsi expat, il disagio psicologico viene poco pensato e riconosciuto. Per questo motivo a volte si fa difficoltà a chiedere aiuto e con il passare del tempo il disagio psicologico tende a cronicizzarsi sempre di più. Il primo passo dunque è quello di riconoscere questo disagio come un qualcosa che è dentro di sé e perciò non attribuibile all’ambiente circostante.

Quindi è proprio da sé che bisogna cominciare.


BIBLIOGRAFIA: F. Merlini, E. Boldrini (2006), Identità e alterità, FrancoAngeli

Oberg K. (1960), Culture shock: Adjustment to new cultural environment, Practical Anthropologist.

https://www.ilsole24ore.com/art/italiani-sempre-piu-migranti-11percento-trasferimenti-all-estero-AEvrkU9E


LO PSICOLOGO ONLINE: RE-STARE INSIEME



Il 2020 è stato, per certi versi, un anno innovativo che ci ha chiesto di adattare le nostre vite a delle regole ben precise, ci ha aiutato a capire quanto siano importanti le relazioni sociali e ci ha portato a dover passare più tempo con noi stessi. Il cambiamento è stata la costante che ha affiancato il 2020 e continua ad essere presente anche nel 2021.

Skype, Whatsapp, Videochiamate, Meet, Zoom e via dicendo ci hanno permesso di compensare in modo alternativo quel vuoto sociale che si è creato da un giorno all’altro.

Un famoso proverbio cinese dice “quando soffia il vento del cambiamento alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento”.


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In un modo o nell’altro tutti ci siamo trovati a dover costruire i nostri mulini a vento per creare un senso di continuità con quello che si era vissuto fino a quel momento e riuscire ad equilibrare tutte le mancanze vissute.

Anche il mondo della Psicologia si è dovuto confrontare con la necessità di utilizzare l'Online per continuare percorsi già iniziati o cominciarne dei nuovi. L’impossibilità di raggiungere fisicamente un luogo, vivere in una nazione che non è la propria, avere la paura del contagio del virus non possono essere ragioni per precludersi un percorso psicologico.

Il Setting Online, inteso come luogo in cui si vive la relazione terapeutica, avrà uno sfondo diverso e l’equazione due persone in una stanza viene sostituita con quella di due persone in due stanze, unite da un device. Nonostante non vi sia la condivisione di uno spazio fisico, numerosi studi dimostrano come la Telepresenza può dare origine ad una potente connessione emotiva.

Anche se l’atmosfera che si crea sembra diversa e lontana da quella descritta da Freud nei suoi scritti, ciò non vuol dire che sia meno valida. Un recente studio riportato sulla rivista scientifica inglese Lancet dimostra l'efficacia della terapia online. In un campione di 297 persone con depressione maggiore, di cui 149 in terapia online e 148 seguiti solo dal medico di base, solo quelli sottoposti alla terapia online riportano di aver migliorato la propria salute dopo 8 mesi, diminuendo drasticamente i sintomi depressivi.

Al giorno d’oggi tutto cambia in funzione dell’evoluzione, il mondo ci richiede capacità di adattamento e di maggiore accessibilità. L’importanza in un supporto psicologico è data dalla relazione che si crea tra le due persone, uno spazio virtuale può essere sentito caldo e accogliente proprio come quello fisico.

Per creare una fiducia nella relazione e a sua volta una solida alleanza terapeutica è necessario che tale spazio faciliti l’incontro tra terapeuta e paziente, in un luogo privato lontano da rumori o distrazioni.

In questo modo si crea un vero e proprio spazio intimo che accorcia le distanze e fa sparire i fusi orari.

La relazione che si crea è così corporea da manifestarsi anche a distanza ed è così intensa da riuscire ad attraversare gli schermi dei nostri computer.


BIBLIOGRAFIA: Fink, J. (1999). How to use computers and cyberspace in the clinical practice of psychotherapy. Northvale, NJ: Aronson.

https://www.ilsole24ore.com/art/terapie-e-terapeuti-on-line-ADG4lvG

http://www.psychiatryonline.it/node/7696



SOMATIZZAZIONE: IL CORPO CHE CI PARLA



“Nell’impossibilità di pronunciare le emozioni, le parole rimangono sotterrate vive” N. Abraham , M Torok, 1978


La mente e il corpo sono strettamente connessi.

Il nodo alla gola, il cuore che batte forte, la morsa allo stomaco, il respiro affannoso sono alcuni esempi delle numerose manifestazioni corporee delle emozioni.

Da sempre le malattie somatiche ricoprono un ruolo centrale nel campo della salute mentale in quanto spiegano in maniera chiara ed evidente come il corpo diventi uno strumento di comunicazione del mondo emotivo, che esprime stati di sofferenza e di disagio psichico attraverso dei sintomi fisici.



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Quante volte è capitato di avere la gastrite perché si è sotto stress o di avere mal di testa durante una giornata di nervosismo? Tali manifestazioni corporee sono l’esempio lampante dell’interdipendenza mente-corpo. Quando si ammala la mente possono svilupparsi dei sintomi corporei e quando si ammala il corpo ci può essere la comparsa di un disagio psichico.

I disturbi da sintomi somatici sono delle forme patologiche che si situano tra lo psichico e il corporeo e che si manifestano attraverso una sintomatologia organica attribuibile ad un mal funzionamento psichico.

Con il termine somatizzazione si intende la conversione di un dolore emotivo in sintomi fisici, con il coinvolgimento del sistema immunitario ed endocrino. La sintomatologia è vissuta dalla persona che ne soffre come reale e dolorosa nonostante non venga riscontrata l’esistenza di una condizione organica.

Condizioni di forte stress, di alti livelli di ansia e di forte disagio psichico determinano l’attivazione del sistema nervoso autonomo che, a sua volta, risponde con l’attivazione di reazioni vegetative.

Tali reazioni portano alla comparsa di diversi sintomi fisici, tra i più comuni: sintomi gastrointestinali (nausea, meteorismo, vomito, diarrea, colite, gastrite); urogenitali (disfunzioni sessuali, anorgasmia, enuresi, cistiti); cardiocircolatori (aritmia, ipertensione, tachicardia); dermatologici (acne, psoriasi, dermatite); muscolari (cefalea, crampi); neurologici (alterazione dell’equilibrio e del coordinamento, paralisi, afonia, cecità, sordità, amnesie).

Gli individui provano tipicamente una forte angoscia che si concentra sui sintomi somatici ed è solito che si rivolgano principalmente a strutture mediche anziché a quelle per la cura della salute mentale.

È importante altresì ricordare che la somatizzazione in sé non è qualcosa di patologico ma lo diventa quando il dolore riferito al sintomo somatico diviene talmente eccessivo da influire negativamente sulla qualità della vita della persona, limitandone le attività quotidiane. L’impossibilità di riscontrare una diagnosi organica rende più frustrante la situazione. Il paziente si sente incompreso e spesso sviluppa uno stato depressivo o ansioso, ricorrendo all’uso di psicofarmaci o ad interventi di autoterapia.

È importante riuscire ad ascoltare il proprio corpo e la propria mente, a vedere la loro interdipendenza e a comprendere che tramite il corpo la nostra mente ci parla.




BIBLIOGRAFIA:https://www.stateofmind.it/tag/somatizzazione/

American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.).

Gabbard G.O.(2015), Psichiatria psicodinamica. Raffaello Cortina Editore



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